domenica 27 maggio 2012

La Teoria della tettonica a placche


File:Plates tect2 it.svg


La tettonica delle placche o tettonica a zolle è il modello sulla dinamica della Terra, su cui concorda la maggior parte degli scienziati che si occupano di scienze della Terra. Questa teoria è in grado di spiegare, in maniera integrata e con conclusioni interdisciplinari, i fenomeni che interessano la crosta terrestre quali: attività sismica, orogenesi, la disposizione areale dei vulcani, le variazioni di chimismo delle rocce magmatiche, la formazione di strutture come le fosse oceaniche e gli archi insulari, la distribuzione geografica delle faune e flore fossili durante le ere geologiche e di come le zone interessate da attività vulcanica e quelle di attività sismica siano concentrate su determinate zone. Questo modello ha parzialmente inglobato la precedente teoria della deriva dei continenti, enunciata inizialmente da Alfred Wegener, e sviluppatasi – con accesi dibattiti e scontri nella comunità scientifica – durante la prima metà del XX secolo e gradualmente universalmente accettata a seguito della scoperta, durante gli anni sessanta, dell'espansione dei fondali oceanici.



I movimenti dei margini e le loro conseguenze  

Margini divergenti
Quando i margini di due placche si allontanano l’uno dall’altro si parla di margini divergenti. Nelle zone in cui avviene questo fenomeno si verifica una distensione della litosfera e la potenza crostale diminuisce sempre di più fino a portare alla lacerazione della crosta, i magmi profondi risalgono lungo le grandi fratturazioni che vengono a crearsi e danno origine ad una intensa attività vulcanica; le rift valley (tra le quali la più imponente e spettacolare è in Africa Orientale) hanno questa origine. Quando il fondo della fossa raggiunge il livello del mare, le acque la invadono e si genera un oceano in espansione. La lunga linea di vulcani che è caratteristica di questa struttura viene chiamata DORSALE. La dorsale più famosa e studiata è la dorsale medioatlantica, che attraversa in senso latitudinale tutto l’oceano Atlantico; i vulcani che la formano in alcuni punti giungono a superare il livello del mare formando isole famose come Sant’Elena, le Isole di Capo Verde, le Azzorre, l’Islanda.
 


Margini convergenti


Quando i margini di due placche si avvicinano si parla di margini convergenti, ma gli effetti che ne derivano dipendono dalla natura delle due placche.
Possiamo avere tre situazioni assai differenti tra loro:
  1.       scontro di crosta oceanica con crosta oceanica
  2.       scontro di crosta oceanica con crosta continentale 
  3.       scontro di crosta continentale con crosta continentale. 


Primo caso: crosta oceanica con crosta oceanica
Anche se in questo caso non esiste sostanziale differenza di densità di materiali, una delle due placche si infossa sotto l’altra, con un fenomeno chiamato subduzione.
 

Il piano lungo il quale avviene la subduzione si chiama Piano di Benjoff e si configura chiaramente come una zona intensamente sismica. L’attrito al contatto tra i due margini fa ripiegare verso il basso anche il margine della zolla subducente (qui si generano fosse profonde) che va incontro a parziali fusioni, originando serbatoi magmatici da cui il magma fuoriesce attraverso le numerose fratture che sono presenti nella zona; ne nascono isole vulcaniche allineate ad arco (arco magmatico o insulare), come l’Arcipelago nipponico e quello filippino.



Secondo caso: crosta oceanica con crosta continentale
In questo caso la notevole differenza di densità tra le due placche fa sì che sia la placca oceanica ad essere subdotta ( con i relativi Piani di Benjoff) poiché più densa e pesante, e la crosta continentale, formata da materiali più leggeri, risponde alle spinte dell’altra deformandosi, ripiegandosi ed “accartocciandosi”. Nasce in questo modo il fenomeno della OROGENESI  (o nascita di sistemi montuosi), che vede catene di rilievi allineate lungo le coste. Sono sempre presenti fenomeni vulcanici, per motivi analoghi al caso precedente. Ha questa origine la Cordigliera delle Ande, che trae origine dallo scontro della placca di Nazca subdotta dalla placca sudamericana.
 



Terzo caso: crosta continentale con crosta continentale
La sostanziale corrispondenza di densità tra le due placche interessate al fenomeno fa sì che non ci sia subduzione; i margini delle zolle, che portano  grande potenza di materiali leggeri, si sovrappongono e si accavallano l’uno all’altro, dando così origine a catene montuose interne ai continenti: l’imponente sistema Alpino-himalayano, che inizia dai Pirenei per spegnersi con le sue ultimissime propaggini nella penisola di Kamciatka, attraverso l’arco alpino, i Balcani, i monti della penisola anatolica, i sistemi dell’Hindukush e del Karakorum, la catena himalayana, le sue digitazioni verso l’Asia sud orientale, la Cina  propriamente detta, la Cina settentrionale e la Russia nord- orientale, è la manifestazione esterna e non definitiva dello scontro avvenuto tra il blocco euroasiatico e le placche africana e indiana.
 


Margini trasformi

    In alcuni casi il movimento reciproco delle zolle non vede né subduzione né  n   
    accavallamento, ma scivolamento, scorrimento laterale, senza  che i due blocchi si      
    avvicinino o si allontanino.
Il moto di scorrimento può essere dovuto a diversa velocità di movimento delle zolle oppure a movimento opposto lungo il piano di contatto tra i due blocchi, piano che prende il nome di Faglia. Una tra le più famose faglie è quella di S. Andreas, in California, responsabile dei grandi terremoti che periodicamente devastano l’area di San Francisco e le zone vicine,   originati dallo “sfregamento” tra la placca del Pacifico e la placca nordamericana.
 






sabato 26 maggio 2012

Vulcanismo secondario

Il vulcanismo secondario rappresenta una serie di fenomeni che sono la manifestazione secondaria dell'attività di un vulcano. Questi fenomeni prendono origine a causa della presenza di magma in prossimità del suolo che, raffreddandosi, determina la liberazione di gas o il riscaldamento delle acque del sottosuolo, con conseguente emissione di gas e vapor d'acqua. Esempi sono le fumarole, i geyser, le sorgenti termali, i soffioni, le mofete, le solfatare, ec. Un altro fenomeno di vulcanismo secondario è il bradisismo, che consiste nel movimento verticale del terreno veloce dal punto di vista geologico ma lento per noi poiché impercettibile.

Video spiegazione dei terremoti


I Vulcani




Un vulcano è una struttura geologica complessa, che si genera all'interno della crosta terrestre per la risalita di massa fusa (chiamata magma) formatasi al di sotto o all'interno della crosta terrestre. Un vulcano è formato da una struttura non visibile, interna alla crosta (comprendente camera magmatica, condotti magmatici,...) e una struttura visibile formata dal rilievo vulcanico. Più comunemente con il termine vulcano ci si riferisce solo alla parte esterna e visibile dell'apparato vulcanico ossia proprio al rilievo, più o meno conico, formato dall'accumulo di tutti quei materiali liquidi, solidi o gassosi, che sono stati emessi dai crateri durante le varie fasi eruttive del vulcano stesso.
Le masse di rocce che formano un vulcano vengono chiamate rocce ignee, poiché derivano dal raffreddamento di un magma risalito dall'interno della Terra. La forma e l'altezza di un vulcano dipendono da vari fattori tra cui l'età del vulcano, il tipo di attività eruttiva, la tipologia di magma emesso e le caratteristiche della struttura vulcanica sottostante al rilievo vulcanico. In generale sono vulcani tutte le discontinuità nella crosta terrestre attraverso le quali, con manifestazioni varie, si fanno strada i prodotti dell'attività magmatica endogena: polveri, gas, vapori e materiali fusi solidi (vulcanismo). La fuoriuscita di materiale è detta eruzione e i materiali eruttati sono lava, cenere, lapilli, gas, scorie varie e vapore acqueo. Sulla superficie terrestre il 90% dei vulcani sono sottomarini (in gran parte situati lungo le dorsali medio oceaniche) mentre circa 1500 sono quelli oggi attivi sulle terre emerse.






Classificazione dei vulcani

I vulcani possono essere classificati in base al tipo di apparato vulcanico esterno o al tipo di attività eruttiva: entrambe queste caratteristiche sono strettamente legate alla composizione del magma e della camera magmatica (e quindi della lava che emettono). Tale classificazione è detta Classificazione Lacroix dal geologo francese Alfred Lacroix che per primo la ideò.

  • In base al tipo di apparato vulcanico esterno

Considerando il tipo di cono vulcanico si hanno 2 tipi di vulcani:
  1. Vulcani a scudo
  2. Vulcani a cono (o stratovulcani)

Vulcani a scudo

Un vulcano a scudo presenta fianchi con pendenza moderata, ed è costruito dall'eruzione di lava basaltica fluida. La lava basaltica tende a costruire enormi coni a bassa pendenza, in quanto la sua scarsa viscosità le consente di scorrere agevolmente sul terreno o sotto di esso, nei tubi di lava, fino ad arrivare a molti km di distanza senza consistente raffreddamento. I maggiori vulcani del pianeta sono vulcani a scudo. Il nome viene dalla geometria degli stessi, che li fa assomigliare a scudi appoggiati al terreno.
Il più grande vulcano a scudo del mondo si trova nelle Hawaii, il suo nome è Mauna Loa. È alto circa 4000 m s.l.m. ma la sua base è situata 5000 metri sotto il livello del mare, perciò la sua altezza effettiva è di 9000 metri, mentre il suo diametro alla base è di circa 250 km.

File:Mauna Loa.jpg
Il Mauna Loa, Hawaii, il più grande vulcano a scudo del mondo

 

Vulcani a cono - stratovulcani

Troviamo un vulcano a cono quando le lave sono acide. In questi casi il magma è molto viscoso e trova difficoltà nel risalire, solidificando velocemente una volta fuori. Alle emissioni laviche si alternano emissioni di piroclastiti, materiale solido che viene sparato fuori e che, alternandosi con le colate, forma gli strati dell'edificio. Eruzioni di questo tipo possono essere molto violente (come quella del Vesuvio che seppellì Pompei), poiché il magma tende ad ostruire il camino vulcanico creando un “tappo”; solo quando le pressioni interne sono sufficienti a superare l'ostruzione l'eruzione riprende (eruzione di tipo vulcaniano), ma nei casi estremi ci può essere un'esplosione che può arrivare a distruggere l'intero vulcano (eruzione di tipo peleèano). Il vulcanismo di questo tipo è presente lungo il margine continentale delle fosse o dei sistemi arco-fossa, dove il magma proviene dalla crosta, dove le rocce sono di composizione più esogena.

Monte Fuji, Giappone, uno dei più grandi stratovulcani al mondo


  • In base al tipo di attività eruttiva

A grandi linee distinguiamo vulcani rossi (vulcani caratterizzati da emissioni effusive in cui l'accumulo delle colate laviche dona all'edificio vulcanico un aspetto "marrone-rossastro") e vulcani grigi (vulcani con eruzioni di carattere esplosivo in cui l'accumulo di ceneri donano all'edificio vulcanico un aspetto grigio-nero).
Nello specifico, considerando il tipo e la potenza dell'attività eruttiva di un vulcano si hanno:
  1. Vulcani ad eruzione di tipo hawaiano
  2. Vulcani ad eruzione di tipo islandese
  3. Vulcani ad eruzione di tipo stromboliano
  4. Vulcani ad eruzione di tipo vulcaniano
  5. Vulcani ad eruzione di tipo vesuviano
  6. Vulcani ad eruzione di tipo pliniano e peleano (ultra-pliniano)
  7. Grandi caldere ("supervulcani")

Tipo hawaiano

Le eruzioni non sono riconducibili alla tettonica, cioè non sono dovute a movimenti della placca quanto piuttosto a dei fenomeni che vedono il magma risalire dai pennacchi caldi fino ai punti caldi (hot spot); la sommità del vulcano è occupata da una grande depressione chiamata caldera, limitata da ripide pareti a causa del collasso del fondo. Altri collassi avvengono all'interno della caldera, creando una struttura a pozzo. La lava è molto basica e perciò molto fluida, essa produce edifici vulcanici dalla tipica forma a "scudo, con debolissime pendenze dei rilievi.

 

Tipo islandese

Sono chiamati anche vulcani fissurali poiché le eruzioni avvengono attraverso lunghe fenditure e non da un cratere circolare. Le colate, alimentate da magmi basici ed ultrabasici, tendono a formare degli altopiani basaltici (platéaux basaltici). Al termine di un'eruzione fissurale (o lineare), la fessura eruttiva può sparire perché ricoperta dalla lava fuoriuscita e solidificata, fino a che non riappare alla successiva eruzione. Gli esempi più caratteristici si trovano in Islanda, da cui la particolare denominazione del tipo; un ottimo esempio di eruzione di vulcano islandese è quella del Laki del 1783, una delle più famose eruzioni vulcaniche della storia europea.

 

Tipo stromboliano

Magmi basaltici molto viscosi danno luogo a un'attività duratura caratterizzata dalla emissione a intervalli regolari di fontane e brandelli di lava, che raggiungono centinaia di metri d'altezza, e dal lancio di lapilli e bombe vulcaniche. La ricaduta di questi prodotti crea coni di scorie dai fianchi abbastanza ripidi. Stromboli, l'isola-vulcano dalla quale prende il nome questo tipo di attività effusiva, è in attività da due millenni, tanto da essere nota, sin dai tempi delle prime civiltà, come il "faro del Mediterraneo".

  

Tipo vulcaniano

Dal nome dell'isola di Vulcano nell'arcipelago delle Eolie. Sono eruzioni esplosive nel corso delle quali vengono emesse bombe di lava e nuvole di gas cariche di ceneri. Le esplosioni possono produrre fratture, la rottura del cratere e l'apertura di bocche laterali.

 

 

Tipo vesuviano (o sub-pliniano)

Dal nome del vulcano Vesuvio, è simile al tipo vulcaniano ma con la differenza che l'esplosione iniziale è tremendamente violenta tanto da svuotare gran parte della camera magmatica: il magma allora risale dalle zone profonde ad alte velocità fino ad uscire dal cratere e dissolversi in minuscole goccioline. Quando questo tipo di eruzione raggiunge il suo aspetto più violento viene chiamata eruzione pliniana (in onore di Plinio il Giovane che per primo ne descrisse lo svolgimento, nel 79 d.C.)

 

Tipo pliniano (e peleano)

Le eruzioni sono prodotte da magma molto viscoso. Si formano frequentemente nubi ardenti, formate da gas e lava polverizzata. Sono eruzioni molto pericolose che si concludono generalmente con il collasso parziale o totale dell'edificio vulcanico o con la fuoriuscita di un tappo di lava detto spina vulcanica o duomo. In alcuni casi si verificano entrambi i fenomeni. Gli apparati vulcanici che manifestano questo comportamento eruttivo sono caratterizzati dalla forma a cono. Queste eruzioni prendono il nome da Plinio il giovane che per primo descrisse questo tipo di eruzione osservando l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che sommerse di ceneri Pompei ed Ercolano. Una variante dell'eruzione pliniana è la peleana: se durante un'eruzione pliniana il corpo principale della nube ardente esce dal cratere sommitale e va verso l'alto, durante un'eruzione peleana (che prende il nome dal vulcano La Pelée della Martinica), il vulcano erutta non centralmente dal cratere ma lateralmente smembrando parte dell'edificio vulcanico. Tale eruzione ha effetti devastanti concentrati nella direzione di eruzione della nube ardente principale che può arrivare fino ad oltre 20 km dall'edificio vulcanico (come accaduto nel 1980 nell'eruzione    
del St. Helens).
File:MSH80 eruption mount st helens 05-18-80.jpg
Eruzione del St. Helens

 

Grandi caldere ("supervulcani")

Pur non essendo riconosciuti come veri e propri vulcani, merita un discorso a parte il caso delle 7-8 grandi caldere individuate sulla superficie terrestre. Tali strutture si caratterizzano per non avere un edificio vulcanico quanto semmai una depressione di origine vulcanica (detta caldera), che ricopre un'area molto vasta, oltre i 10–15 km. All'interno della caldera è possibile notare lo sviluppo di vari crateri più o meno formati. Non è mai stata osservata un'eruzione di questo tipo di caldere (che hanno periodi di eruzione di centinaia di migliaia di anni) ed oggi tali aree sono soggette solo ad un vulcanismo di tipo secondario (geyser, fumarole, sorgenti termali,...). Gli esempi più noti di questo tipo di apparati sono il parco delle Yellowstone, I campi Flegrei, i Colli Albani, il lago Toba.

I Terremoti

LA SPIEGAZIONE DEI TERREMOTI


 

I terremoti più forti del XX e XXI secolo

Classifica in base alla magnitudo. Secondo quanto riportato sul sito USGS sono i seguenti.
  1. Valdivia, Cile - magnitudo 9,5 - 22 maggio 1960
  2. Sumatra, Indonesia - magnitudo 9,3 - 26 dicembre 2004
  3. Stretto di Prince William, Alaska - magnitudo 9,2 - 28 marzo 1964
  4. Sendai, Giappone - magnitudo 9,0 - 11 marzo 2011
  5. Kamchatka, Russia - magnitudo 9,0 - 4 novembre 1952
  6. Al largo della costa dell'Ecuador - magnitudo 8,8 - 31 gennaio 1906
  7. Concepción, Cile - magnitudo 8,8 - 27 febbraio 2010
  8. Isole Rat, Alaska - magnitudo 8,7 - 4 febbraio 1965
  9. Sumatra, Indonesia - magnitudo 8,7 - 28 marzo 2005
  10. Sumatra, Indonesia - magnitudo 8,6 - 11 aprile 2012
  11. Haiyuan, Cina - magnitudo 8,6 - 16 dicembre 1920
  12. Assam, Tibet - magnitudo 8,6 - 15 agosto 1950
  13. Isole Andreanof, Alaska - magnitudo 8,6 - 9 marzo 1957
  14. Regione di Atacama, Cile - magnitudo 8,5 - 11 novembre 1922
  15. Penisola di Kamchatka, Russia - magnitudo 8,5 - 3 febbraio 1923
  16. Mare di Banda, Indonesia - magnitudo 8,5 - 1 febbraio 1938
  17. Isole Curili, Russia - magnitudo 8,5 - 13 ottobre 1963
  18. Sumatra, Indonesia - magnitudo 8,5 - 12 settembre 2007
  19. Arequipa, Camana, Perù - magnitudo 8,4 - 23 giugno 2001
  20. Città del Messico, Messico - magnitudo 8,3 - 19 settembre 1985
  21. Ica, Perù - magnitudo 8,0 - 15 agosto 2007

venerdì 25 maggio 2012

La struttura interna della Terra


La struttura interna della Terra

L'interno della Terra, detto anche geosfera, è costituito da rocce di diversa composizione e fase (solida, principalmente, ma talvolta anche liquida).
Earth layers model.pngGrazie allo studio dei sismogrammi si è giunti a considerare l'interno della terra suddiviso in una serie di gusci; difatti si è notato che le onde sismiche subiscono fenomeni di rifrazione nell'attraversare il pianeta. La rifrazione consiste nella modifica della velocità e della traiettoria di un'onda quando questa si trasmette a un mezzo con differente densità. Si sono potute così rilevare superfici in profondità in cui si verifica una brusca accelerazione e deviazione delle onde, e in base a queste sono state identificate quattro zone sferiche concentriche: la crosta, il mantello, il nucleo esterno e il nucleo interno.

  • La crosta terrestre è il sottile strato superficiale, costituito da rocce solide non troppo dense. La crosta varia però in composizione, densità e spessore a seconda che componga i continenti (crosta continentale, più leggera e spessa in media 40 km) o il fondo degli oceani (crosta oceanica, più pesante e spessa dagli 8 ai 10 km).

  • Il mantello è lo strato formato da rocce più dense, in uno stato fisico che si può considerare intermedio tra quello solido e quello liquido; giunge fino alla profondità di circa 2900 km. 

  •  Il nucleo è lo strato più interno, formato da materiali molto densi, tra cui abbondano ferro e nichel. Vi si distinguono un nucleo esterno (allo stato fuso) e un nucleo interno (allo stato solido). La temperatura raggiunta in questa parte centrale della Terra è molto elevata: si calcola che essa possa raggiungere i 6000°C.
 A questa suddivisione fondamentale se ne sovarappone un'altra, che distingue: 

  • la litosfera: lo strato che giunge fino a 700 km di profondità ed è costituito dalla crosta terrestre e da un sottile strato del mantello, piuttosto rigido e denso, che vi aderisce strettamente;

  • l'astenosfera: lo strato sottostante del mantello, formato da rocce in uno stato più liquido.